Comunicato del presidente ordine degli architetti, p.p.c. della provincia di forli’-cesena – semplificazioni – alla prossima per ora supercila
COMUNICATO DEL PRESIDENTE ORDINE DEGLI ARCHITETTI, P.P.C. DELLA PROVINCIA DI FORLI’-CESENA – SEMPLIFICAZIONI – ALLA PROSSIMA PER ORA SUPERCILA
Ogni volta che il legislatore si ripropone delle semplificazioni, subito dopo che vengono poi redatte ufficialmente, magari dopo mesi di rumors e ipotesi, mi viene da dire, ormai sempre piu’ spesso, alla prossima.
Si alla prossima anche questa volta.
Certo il tema del PNRR della relativa governance e dei meccanismi per tentare di dare certezza ai tempi attesi e previsti dal piano europeo sono asse portante del nuovo provvedimento di “Semplificazione” previsto dal DL 77/2021.
L’ampiezza e la complessità delle misure raccontano di uno sforzo importante del legislatore, in questa fase del Governo, per raccogliere molteplici sfumature dell’ormai (oggettivamente troppo) complesso impalcato normativo di questo nostro amato paese.
Tra i molteplici aspetti trattati, i temi delle procedure di appalto ed esecuzione dei lavori uniti alle ipotizzate nuove misure per l’edilizia in chiave superbonus meritano attenzione.
L’armonizzazione del subappalto alle indicazioni europee, l’ampliamento delle soglie per affidamenti diretti di lavori e servizi, la reintroduzione dell’appalto integrato con congiunto affidamento di progetto ed esecuzione lavori e le modifiche alle norme che regolano il superbonus con la questione stato legittimo, tracciano ancora strade di scarsa soddisfazione e, ma questo lo vedremo nei risultati, di limitata efficacia.
Il mancato pericolo di una espansione fuori controllo del massimo ribasso oltre alle soglie ancora purtroppo vigenti e maggiorate, come se la storia non avesse insegnato nulla, non ci esonera da alcune riflessioni.
Gli Architetti italiani assieme alle professioni tecniche affermano ormai da anni che per l’esecuzione dei lavori pubblici è fondamentale il Progetto.
Non c’è storia è il progetto che indica le qualità estetiche in risposta alle richieste della comunità, che descrive le quantità dimensionali, le necessità tecniche e il valore dell’intervento.
Ancora una volta non lo riusciamo a capire, il progetto appare un orpello, una stucchevole necessità tale per cui lo si può mettere dove si crede, lo può fare chiunque ovunque, che resta indifferente.
E quindi si ripropone l’appalto integrato, che non è la soluzione per la qualità dell’intervento, perlomeno con le modalità conosciute, la dove il progetto è funzionale all’esecuzione dell’impresa e non alle esigenze funzionali e di qualità delle comunità. Non si prevede per esempio che il progettista sia autonomo dall’impresa nelle responsabilità, non si indica la necessità di indirizzi di intervento piu’ ficcanti e determinati da parte dell’Amministrazione, non si tutela il lavoro dei professionisti indicando perentoriamente il riconoscimento dell’onorario come da DM.2016 prima della consegna dell’ipotesi progettuale.
L’appalto integrato così come lo conosciamo è una gara di ribasso su tutta la linea, progettuale, esecutiva e di ricerca della qualità, un metodo di scarico delle responsabilità delle scelte.
Un progetto fatto bene, autonomo dall’esecuzione, figlio di indirizzi dell’Amministrazione, nato dalla competizione di progetti (Concorsi per essere chiari), garantito dalla partecipazione dei cittadini, potrebbe risolvere molteplici problematiche di consenso, di qualità e di rispetto delle prerogative.
Risulterebbe piu’ gestibile l’annosa questione dei subappalti potendo gestire anche l’esonero da ogni soglia che tanto ha fatto e farà discutere. Subappalti che fanno tanto male in quanto incatenati a doppio filo al massimo ribasso e all’assenza delle imprese. Si perché in questo paese mancano le imprese, ovvero sono molto poche, quelle organizzate, quelle che vanno oltre alla valigetta gestionale e all’ufficio legale per le riserve 10 minuti dopo l’affidamento del contratto. E quindi il subappalto non è esigenza tecnica per lavori speciali o di produzione standardizzata è semplicemente necessario in quanto le imprese non hanno forza lavoro, non hanno tecnici, insomma come si diceva troppo spesso sono valigette.
Ecco quale sarebbe la prima riforma da fare, quella di condividere con le imprese requisiti fisici e dimensionali, non certificati o avvalimenti, operai e non subappalti, ma non si fa.
La proposta poi ritorna sull’affidamento diretto innalzando ancora le soglie, per i servizi di Architettura a 139000 euro, senza imporre un numero minimo di imprese o operatori progettisti da invitare per applicare quelle basilari norme, pur presenti nell’ordinamento, che evitano il massimo ribasso e impongono una gara sulla qualità. E questo non va bene, produce distorsioni del mercato oltre che una concorrenza che non produce qualità.
Da questo le nostre Amministrazioni si possono difendere con l’applicazione di cautele e previsioni regolamentari che ampliano la trasparenza e la partecipazione e che garantiscono il taglio dei ribassi anomali in negativo e anche in positivo cercando il giusto prezzo nella media delle offerte. Alle nostre Amministrazioni lo chiediamo già ora i riscontri non sono positivi.
Il decreto mette mano anche ad un’altra questione caratterizzante la ormai insopportabile tempistica di esecuzione dei lavori pubblici, il meccanismo delle autorizzazioni; in questo senso diverse buone proposte e giuste semplificazioni, peccato lo siano solo per le opere del PNRR e su questo dovremo ragionare.
Il decreto sfiora, uso il termine che a mio modo di vedere rappresenta le misure dell’art.33, le tematiche connesse con il cd Superbonus. Qualche giusta semplificazione, piu’ per dare interpretazione autentica che per innovare; mancano le innovazioni piu’ richieste, l’abbassamento delle classi necessarie per l’efficientamento del patrimonio storio e architettonico di pregio e dei centri storici, irragionevolmente mantenuto a 2, la spinta alla necessità di una verifica obbligatoria della sicurezza degli edifici, la indicazione perentoria di una qualità complessiva di intervento che guardi alla città; e su tutte una proroga ampia ben oltre all’auspicato 2023.
Ma fa discutere e molto il nuovo comma 13ter dell’art.119 della Legge 77/2020.
Gli interventi di cui allo stesso articolo, esclusala demolizione e ricostruzione, sono interventi di Manutenzione Straordinaria si realizzano con una CILA (che a questo punto sarà una CILA speciale chiamiamola SuperCILA?) e gli stessi non necessitano una particolare attività di accertamento della legittimità dell’immobile, che viene, per legge, circoscritta al principale titolo che lo ha realizzato, sollevando il progettista da asseverazioni in tal senso e limitando per legge le ricadute di tali difformità sulla pratica Superbonus che ne è fatta salva in deroga ai disposti del’art.49 del DPR.380/2001 .
Credo che sia necessario ricordare a tutti che non si tratta di modifica del DPR.380/2001, ma che siamo di fronte ad una norma speciale e quindi applicativa nella vigenza delle misure alla quali afferisce, quindi finito il Superbonus, finita la SuperCILA.
La nuova previsione potrà dare definitiva spinta all’avvio dei lavori, semplificando la parte autorizzativa, comprendendovi anche interventi sulle strutture per il sismabonus e quindi sollecitando il miglioramento sismico degli edifici.
Certo il meccanismo proposto non è soddisfacente per la risoluzione di problematiche che da anni attanagliano il nostro lavoro. Nasconde la polvere sotto il tappeto, e sperando che sia polvere di difformità comunque poi sanabili o minori, sperando non ci si trovi con difformità non sanabili o di importante dimensione.
Come Architetti, assieme alla Rete delle Professioni Tecniche, trovando sintonia con ANCI e ANCE, abbiamo proposto dell’altro, misure attese da tempo, l’ampliamento delle tolleranze % ad esempio per edifici ante 2003, diversificazione delle tolleranze edilizie e di rappresentazione rispetto all’epoca di realizzazione, inclusione tra le tolleranze costruttive delle modifiche ai prospetti, ampliamento del concetto di legittimo affidamento, superamento della doppia conformità quantomeno per difformità sul patrimonio edilizio esistente, eliminazione delle storture derivate da un irragionevole non applicazione delle tolleranza negli edifici DLgs.42/2004 dell’ultimo semplificazioni.
Ma anche revisione di taluni passaggi del DPR 380/2001 circa la ristrutturazione edilizia e le distanze, gli interventi nelle zone A, e poi interventi misurati sul D. Lgs.42/2004 per armonizzarlo alle esigenze di riqualificazione di patrimonio edilizio oggi bloccato da irragionevoli ed ideologiche previsioni normative. E su tutte le richieste una veloce messa in campo del Nuovo testo Unico per le Costruzioni che da ormai oltre un anno è pronto per la discussione legiferante.
E quindi anche questa volta siamo tentati di dire, sarà per la prossima.
Ovviamente non ci fermiamo si aprono due mesi di confronti ed incontri, gli Architetti italiani ci saranno e ci saremo anche noi per emendamenti precisazioni e integrazioni.
Tutto per tentare di dire che la prossima sarà la volta buona.
Arch. Paolo Marcelli
Presidente Ordine Architetti PPC Provincia di Forlì-Cesena
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